Perché le aziende investono meno in pubblicità e comunicazione durante una crisi?

In un periodo di incertezza economica, molte aziende tendono a ridurre gli investimenti in pubblicità e comunicazione. È una reazione comprensibile, dettata dalla necessità di contenere i costi in un momento con poche certezze verso il futuro. Tuttavia, specialmente nel contesto attuale, segnato da una congiuntura economica e geopolitica molto complessa, rimanere fermi è molto pericoloso. 

La congiuntura attuale: un contesto instabile e imprevedibile

Gli ultimi anni hanno visto un concatenarsi di eventi che hanno minato la stabilità economica globale e generato una grande incertezza verso il futuro. Il panorama internazionale è caratterizzato da un mix di crisi geopolitiche e tensioni economiche:

  1. Crisi in Germania: Considerata il motore economico dell’Europa, la Germania sta affrontando una recessione tecnica, dovuta in parte alla debolezza del settore manifatturiero e alle difficoltà del mercato automobilistico, uno dei suoi pilastri. Questo rallentamento influisce pesantemente sull’intera area Euro, riducendo le opportunità di export e aumentando l’incertezza.
  2. Decoupling con la Cina: Il progressivo distacco delle economie occidentali dalla Cina, sia per motivi geopolitici che per le tensioni commerciali, sta causando disagi nelle catene di approvvigionamento e una ridefinizione delle strategie aziendali. Molte imprese sono costrette a rivedere i loro piani di espansione e a spostare gli investimenti, creando un clima di instabilità.
  3. Guerra in Medio Oriente: Il conflitto tra Israele e Hamas, recentemente esploso con rinnovata intensità e allargatosi a Libano, Yemen e Iran, rischia di destabilizzare ulteriormente una regione già fragile, con ripercussioni sui mercati energetici e sulle catene logistiche globali.
  4. Guerra in Ucraina: La guerra in corso tra Russia e Ucraina, oltre ai devastanti impatti umanitari, ha sconvolto il mercato delle materie prime, alimentando l’inflazione e generando incertezze sul fronte energetico, specialmente per l’Europa.
  5. Elezioni negli Stati Uniti: Le elezioni presidenziali del 2024 pongono un ulteriore punto interrogativo, con il ritorno di Donald Trump alla Casa Bianca, che potrebbe comportare un cambiamento radicale delle politiche economiche e commerciali americane. Questo scenario crea ansia nei mercati internazionali e induce le aziende a essere più caute.

La risposta delle aziende: tagli al marketing e alla comunicazione

In questo contesto di profonda instabilità, molte aziende scelgono di ridurre le spese di marketing e comunicazione. Ma perché accade?

  1. Priorità alla gestione della liquidità: In tempi di crisi, le aziende danno la priorità alla gestione della liquidità e alla conservazione delle riserve di cassa. La pubblicità viene vista come un costo “flessibile” e non essenziale, da ridurre in caso di necessità. Tuttavia, ciò comporta un rischio: quando la comunicazione viene interrotta, l’azienda perde visibilità e rischia di compromettere la propria posizione sul mercato.
  2. Riduzione della domanda e cambio di focus: Con la riduzione della domanda nei mercati chiave, le aziende tendono a focalizzarsi su strategie di sopravvivenza piuttosto che di crescita. Il marketing, che dovrebbe contribuire a mantenere o aumentare la quota di mercato, viene spesso ridimensionato perché considerato incapace di generare un ritorno immediato.
  3. Paura dell’inefficacia: In un clima di pessimismo, c’è anche il timore che le campagne pubblicitarie possano essere percepite come fuori luogo o inefficaci, portando a un ritorno sull’investimento molto basso. Questo è particolarmente vero in settori con prodotti o servizi non-essenziali, dove la domanda è altamente sensibile alle oscillazioni economiche.

Differenze tra Italia e resto del mondo

Una caratteristica peculiare del panorama italiano è la maggiore propensione a tagliare i budget di marketing rispetto ai concorrenti esteri, un atteggiamento che rivela una diversa percezione del ruolo della comunicazione aziendale. Mentre le aziende italiane tendono a vedere il marketing come una spesa comprimibile, all’estero esso è considerato un investimento strategico, essenziale per mantenere la brand equity anche in tempi difficili.

Ad esempio, le grandi multinazionali americane e tedesche spesso mantengono attivi i loro budget di marketing anche durante le crisi, adattando le campagne ma continuando a investire in visibilità. Questa scelta deriva dalla consapevolezza che la crisi, se affrontata correttamente, può rappresentare un’opportunità per consolidare la propria posizione. Le aziende italiane, invece, adottano una logica più difensiva, riducendo drasticamente le spese e rischiando di uscire dal radar dei consumatori proprio quando la concorrenza è meno agguerrita.

Le conseguenze di un approccio miope

Tagliare indiscriminatamente il budget di comunicazione può avere effetti controproducenti. Studi dimostrano che le aziende che continuano a investire in pubblicità durante le crisi economiche tendono a riprendersi più velocemente e a guadagnare quote di mercato una volta superata la recessione. Al contrario, chi riduce troppo gli investimenti può trovarsi in difficoltà nel rilanciare il proprio marchio quando il mercato riparte.

Come adattarsi: strategie per un marketing efficace durante le crisi

L’approccio corretto durante una crisi non è eliminare gli investimenti in pubblicità, ma adattarli alle nuove condizioni. Ecco alcune strategie:

  1. Riposizionamento del messaggio: Adattare la comunicazione ai nuovi bisogni e preoccupazioni del consumatore, evidenziando valori come sicurezza, affidabilità e supporto.
  2. Focalizzarsi sul digitale: Le campagne digitali, grazie alla loro flessibilità e misurabilità, consentono di ottimizzare i costi e raggiungere segmenti specifici, anche con budget ridotti.

Investire in brand awareness: Anche con una domanda in calo, mantenere alta la visibilità del marchio è fondamentale per non perdere terreno e prepararsi a ripartire con slancio.

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